E venne così il giorno in cui anche colui che è seduto sul divano dinnanzi al televisore, decide di cambiare canale. Basta con il calcio, il palinsesto televisivo d'altronde offre un ampia scelta. Per anni abbiamo sentito parlare di fuga dagli stadi, di abbonamenti in calo, di spalti vuoti. Concetti ripetuti e scritti talmente tante volte che ormai ci abbiamo fatto molto più che l’abitudine. Ora però siamo di fronte a una nuova situazione: a diminuire sono gli “ascolti del calcio in TV”. Come riportato Demos & Pi, istituto di ricerca, che opera nell'ambito della ricerca politica e sociale attraverso indagini di carattere locale, nazionale ed internazionale, se prendiamo come esempio campionato 2013-14 e quello in corso (prime 25 giornate), il calo è del 8%. Stiamo parlando di quasi 35 milioni di telespettatori in meno. Niente male, non c’è che dire. Dopo la fuga dagli stadi, ora stiamo assistendo alla fuga “dai divani”.
Proviamo ora a fare un ragionamento strutturato. Le domande che sarebbe quanto meno opportuno provare a fare sono 1) perché questo calo di interesse per il calcio in TV? e 2) cosa comporta e quali sono le conseguenze di questa nuova tendenza?
Cominciamo dalla prima domanda, ovvero perché ora calano anche i telespettatori? Qualcuno ha suggerito la crisi, meno soldi in tasca in sostanza. Può darsi, ma è anche vero che la crisi dura ormai dal 2009. Di solito, quando non si guarda più un programma in televisione, è semplicemente perché non ci interessa più, giusto? Quindi, non potrebbe essere che il calcio ha perso, agli occhi degli italiani, quel suo irresistibile fascino ed appeal? Calcio scommesse, scandali, partite truccate non aiutano, certo, ma è anche vero che ormai sono anni che le telecamere, nonostante cerchino di evitare, sono costrette ad inquadrare la “cornice” di pubblico che circonda la partita: spettacolo davvero desolante, deprimente, indecoroso. Gradoni vuoti, abbandonati, estremamente tristi, che mal si addicono con quello che dovrebbe essere lo spettacolo per eccellenza, ovvero il campionato italiano. Normale quindi che un telespettatore, davanti a tale “freddezza”, decida di cambiare canale in cerca di qualcosa di più “avvincente”.
Questa situazione ha portato la FIGC ad istituire addirittura una commissione, voluta dallo stesso Tavecchio
“Vedere 10mila persone in un impianto che può’ contenerne 70mila è uno spettacolo desolante – ha commentato lo stesso presidente di FIGC a margine dell’incontro allo Stadio Olimpico di Roma fra tecnici, dirigenti, calciatori e allenatori di Serie A – Per risolvere tale problema abbiamo deciso di istituire una commissione, che permetta di studiare i rischi e gli aspetti critici del calcio italiano“. Ora, per capire il perché gli stadi sono vuoti basta poco, ma torneremo su questo punto più avanti.
Affrontiamo adesso la seconda domanda, ovvero quali sono le conseguenze di questa situazione? Calo di telespettatori, perché dovrebbe interessarci questo aspetto? Se il nostro calcio, largamente dipendente dai soldi dei diritti TV (molto più degli altri campionati europei) perde di “appetibilità” (anche all'estero), possiamo a ragion veduta affermare che al tavolo delle contrattazioni con le multinazionali delle TV (e sponsor) le nostre società arriveranno ai prossimi incontri molto più deboli che in passato. Se ad inizio anni 2000 il “prodotto” calcio italiano aveva un determinato valore, oggi possiamo immaginare che questo stesso valore sia decisamente calato. Attualmente le televisioni sborsano quasi un miliardo di euro per assicurarsi i diritti televisivi del campionato italiano (soldi che poi vengono divisi in maniera tutt'altro che equa dalle stesse società, ma questo è un altro discorso ancora). Per il campionato inglese, giusto per fare un esempio, l’esborso arriva a toccare in un triennio praticamente 7 miliardi di euro (70% in più dell’accordo precedente, http://www.repubblica.it/sport/calcio/esteri/2015/02/10/news/diritti_tv_premier_miniera_d_oro-107007446/). Incredibile ma vero. Come mai? Il fascino. Stadi pieni, spalti gremiti, atmosfera “magica”. Parlando di calcio inglese, in seguito a delle proteste, contro il caro-biglietti, portate avanti dalle tifoserie di oltremanica (riunite sotto il nome di Footballers Supporters Federation), le società della Premier hanno deciso di comune accordo di mettere un tetto massimo al prezzo dei biglietti: 30 sterline. Nel comunicato le società dichiarano “I fans sono essenziali all'atmosfera di una partita”. Eh già, i tifosi sono essenziali, menomale che qualcuno lo ha capito…
Premesso che a noi tifosi quanto guadagnano le società italiane possa interessare in maniera relativa, è innegabile che governo italiano, Federazione Italiana Gioco Calcio, Coni, e affini dovrebbero prestare molta attenzione a questa situazione a dir poco delicata, d'altronde non dimentichiamoci che l’indotto economico generato dal calcio ha un peso non indifferente a livello nazionale. Sarebbe utile quindi ragionare su come rimediare a questo scempio, soprattutto per evitare ulteriori e più gravi danni in ottica futura (il divario fra il nostro campionato e quelli europei si sta velocemente allargando, e non solo a livello economico).
Qualcuno, per far cassa, ha suggerito di giocare, ad esempio, una giornata di campionato in città estere (http://www.gazzetta.it/Calcio/Serie-A/26-02-2016/inter-thohir-lega-la-pazza-idea-prima-giornata-a-10-citta-estere-140798836965.shtml), una specie di internazionalizzazione della Serie A. Un idea simile conferma come siano veramente arrivati alla frutta.
Le strategie adottate sino ad ora si sono rilevate fallimentari considerati i risultati. Sarebbe opportuno quindi ripartire da zero, tenendo però a mente il primo obbiettivo: riportare i tifosi e la passione italiani dentro agli stadi, aiutando così il calcio a riconquistare almeno una parte di quell'appeal che esercitava anni fa. Purtroppo crediamo che non sarà un percorso semplice e tanto-meno veloce, ma qualcosa nel concreto può essere fatto sin da ora.
Le procedure di acquisto dei biglietti sono ancora un forte deterrente, ci sono ancora divieti e limitazioni, così come i prezzi degli stessi tagliandi sono tutt'altro che accessibili a tutte le tasche. Per realizzare una coreografia, portare uno striscione, o semplicemente una bandiera di dimensioni medie bisogna in teoria chiedere permessi su permessi (con largo anticipo).
Se vogliamo fermare l’emorragia, conviene intervenire subito: perché non provare a liberalizzare le trasferte (mettendo la Tessera del Tifoso per sempre in soffitta per davvero, non solo a parole?). Perché non adottare delle politiche ragionevoli di prezzo dei biglietti, mettendo magari anche noi un tetto massimo come è successo in Inghilterra (dove tra l’altro, lo ricordiamo, non esiste la Tessera del Tifoso). Perché non incentivare il colore e il folclore allo stadio, rendendo la vita più semplice ai tifosi che vogliono animare la propria curva? Parliamoci chiaro, se si rivuole portare la gente allo stadio, bisogna rendere la vita allo stadio a misura di tifoso. Solo così facendo riavremo anche noi stadi pieni, spalti gremiti, ed una atmosfera veramente “magica”.