Fino a che punto può arrivare la repressione? Difficile dare una risposta. Di certo è una domanda che ci siamo posti parecchie volte e che purtroppo, considerando la situazione attuale, continueremo a porci. Lo sappiamo: scrivere "continueremo" è avvilente e sconcertante ma consapevole, non certo pessimista. La logica repressiva attuata dal nostro paese, infatti, non è buttata lì a casaccio, bensì studiata a tavolino, con degli obbiettivi precisi, approvata dai vertici
istituzionali. Stiamo parlando di una logica che è in continua evoluzione, che viene fatta passare volutamente sotto banco e che, come si può appurare, non si pone alcun limite. E badate bene, quando parliamo di repressione non ci riferiamo solo al mondo del tifo. Per rendersene conto non serve essere dei giornalisti affermati, basta guardarsi intorno e informarsi un minimo. Ogni tanto ne esce una nuova e guarda caso a indignarsi sono sempre gli stessi: i cittadini. E i politici? Le istituzioni? Tacciono consenzienti. In questo quadro è facile capire che se la repressione continua a crescere indisturbata è anche e soprattutto per questi motivi. Con i fatti accaduti a Pisa, che tra poco andremo a descrivere e nonostante non rappresentino il primo di questi casi, la repressione ha fatto un importante salto di qualità.
Per comprendere meglio dobbiamo tornare indietro di qualche mese. È il 14 novembre 2015 e a Pisa si sta svolgendo una manifestazione politica. Durante il corteo, secondo la versione della questura locale, alcuni manifestanti "avrebbero istigato a delinquere e avrebbero tenuto una condotta violenta lanciando ortaggi, pietre e petardi verso le forze dell’ordine”. Passa qualche mese e a cinque manifestanti viene notificato il DASPO. Il DASPO?!? Proprio così, avete capito bene. Queste persone non potranno recarsi allo stadio per diverso tempo. Ma voi vi starete chiedendo: che caspita c'entra il DASPO con una manifestazione politica? Nulla ovviamente.
Questo provvedimento, che ricordiamo viene emesso prima di un qualsiasi processo o di una qualsiasi condanna (proprio come i DASPO collegati a reati da stadio) è stato emesso in conformità con la riformulazione della legge del 22 agosto 2014, n°119, convertita con modificazioni nella legge del 17 ottobre 2014, n°146, ovvero sia con quel famoso decreto-stadi emanato e architettato da Alfano e compagnia cantante. Di questo decreto-stadi ne avevamo già parlato in passato, dedicando un approfondimento sulla nostra fanzine. Avevamo lanciato un allarme e purtroppo abbiamo avuto la conferma che era solo una questione di tempo. I primi DASPO "extra-stadio" sono arrivati e di certo ne risentiremo parlare.
Non ci vuole molto a capire come questi nuovi tipi di DASPO possano, in un futuro non molto remoto, aprire le porte a una situazione ancor più grave della precedente. A quel punto la diffida intesa come strumento di preclusione a zone sociali, potrebbe essere utilizzata anche per altri contesti. Potrebbe arrivare il giorno in cui, per esempio, ti diffideranno dalla tua discoteca preferita, dal centro commerciale sotto casa, dal cinema o dal supermercato. Il passo è breve, brevissimo. Parecchi anni fa, nelle curve italiane, campeggiava uno striscione eloquente: "LEGGI SPECIALI: OGGI PER GLI ULTRAS, DOMANI PER TUTTA LA CITTA'". Ecco, è proprio il caso di dire che ci siamo arrivati. Sia ben chiaro: qui non si parla della libertà degli ultras, qui si parla della libertà delle persone. Di tutte, nessuna esclusa. Se vogliamo entrare in un'ottica positiva, dobbiamo capire questo. Allora si che gli sforzi potrebbero essere premiati. Perchè oltre ai diritti, abbiamo anche dei doveri. Ed è un dovere combattere contro questo scempio. Per noi stessi e per la cosa più sacra che possa esistere: la nostra libertà!